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giovedì 5 aprile 2012

L'uovo pasquale

E’ indubbiamente curioso e interessante portare alla conoscenza di tutti, quella che era la tradizione romagnola durante il periodo Pasquale e in particolare disquisire su uno dei simboli odierni della tavola imbandita a festa, quale è l’UOVO PASQUALE…. ma non certamente intendendo quello di fine cioccolato fondente (anche perchè NON esisteva): per esempio nel pomeriggio del Sabato Santo era “tradizione” andare in chiesa a portare a benedire le uova per la colazione del giorno di Pasqua. Ogni famiglia porta sull’altare il suo cestino di uova avvolte in un bel tovagliolino ricamato. Ecco cosa scrive Vittorio Tonelli, noto scrittore folclorista, nel suo libro “Il diavolo e l’acqua Santa in Romagna” Editore: Edit Faenza.
Le uova, che un tempo non si mangiavano durante la quaresima, si accumulavano in cucina per gli impasti delle pagnotte e dei passatelli, per essere cotte sode (quelle benedette) e servite a colazione al mattino di Pasqua, con la pagnotta. Prima di mangiare si baciava l’uovo, si diceva un Pater-Ave-Gloria e si provvedeva a buttar il guscio nel fuoco, manifestando lo stesso rispetto usato dalla massaia per l’acqua di bollitura, che, considerata benedetta, si conservava come detergente prodigioso della pelle .
Altrettanto nel libro “La sacra tavola: il cibo e il convivio nella cultura popolare romagnola” di Eraldo Baldini, si cita lo storico De Nardis per descrivere minuziosamente la mattina di Pasqua e la centralità dell’uovo nella tradizione romagnola:
“ Si mangia a digiuno l’uovo benedetto o lo si mangia nella minestra che quasi sempre è la fiorita tritura (in dialetto la Tardura ovvero la stracciatella a base di uova e formaggio grattugiato). Con le uova si confezionavano i passatelli, un’altra tradizionale minestra pasquale (quando essa non consistesse nei cappelletti). Si preparavano poi le pagnotte dolci e la ciambella, si usavano da friggere impanandole con pezzetti di carne d’agnello. L’acqua in cui erano cotte le uova sode di pasqua, pregna di forza sacro-magica e rigenerativa, si conservava per farne uso terapeutico o la si spargeva nell’orto in atto propiziatorio della fertilità; oppure in un eccesso di mistico rispetto, la si gettava tra le siepi affinchè non fosse calpestata…

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